lunedì 7 dicembre 2015

La sfortuna con la effe

(Di Giancarlo Ghidoni, raccolto da Valeria Ribani)
Il "mapparacconto" di Casaralta
A lavorare alla Casaralta i problemi li avevi con i capireparto. Non tutti, ma alcuni apparivano peggio della direzione. Io avevo la sfortuna, dico sfortuna con la effe, di essere caposquadra. Bene, si lavorava a cottimo. I tempi si prefissavano all’inizio, ma col passare del tempo questi divenivano più incalzanti. Un giorno il caporeparto chiede di raccorciare il tempo del 10% “  perché era una disposizione della direzione”. Io ero certo che quel tempo lì non potevamo certo raggiungerlo, perché avevo già scalato il tempo iniziale. Allora gli dico”facciamo un accordo, mi si dimostra che ci si sta dentro al tempo prestabilito, materialmente, non a chiacchiere, ed io come caposquadra accetto la disposizione, se no teniamo i tempi di adesso!”  Il caporeparto dice che va bene e se ne va. Dopo un certo tempo, non sentendo più niente, gli chiedo: “Allora, quella faccenda?” e lui “quale faccenda?” E questa è una.
La zona di Casaralta sottoposta ad un duro bombardamento aereo durante la seconda guerra mondiale

Qui siamo in due ed uno fa lo scemo, ma non sono io.

Un’altra volta  parlo  al mio caporeparto di un problema familiare. Avevo un familiare con un’invalidità che rientrava nella cosiddetta” categoria protetta” per le assunzione. Chiedo al caporeparto di informarsi  sulla procedura per far assumere il mio familiare, in un momento in cui si era da una parte diffusa la conoscenza della legge sulle assunzioni protette, ma dall’altra cominciavano già le prime avvisaglie dei problemi aziendali, e si parlava di “prepensionamenti”, ossia del contributo aziendale per andarsene prima del tempo previsto dall’INPS. IL caporeparto mi dice che non si può far niente,  pur avendo preso a cuore il problema ed essersi informato“ perché non è l’Azienda che può scegliere, ma  ci vuole la richiesta dell’Ufficio di collocamento” Ma quando sono andato ad informarmi all’Ufficio di collocamento  lo hanno smentito clamorosamente, dicendo che all’opposto l’ufficio era ben felice se le aziende procedono all’assunzione delle persone appartenenti a determinate categorie protette. Quando sono ritornato al lavoro ho richiesto al caporeparto informazioni circa la possibilità di assunzione del mio familiare. E lui giù a ridirmi la solita balla. Allora io gli ho detto: “qui siamo in due e c’è uno che fa lo scemo, ma quello non sono io” E questo è due  

  

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